Giuseppe ed Emanuele gestiscono ad Acate il Bar Italia. Quando vado da loro mi sento veramente coccolato. Non immaginavo che il loro tic di avere lo straccio sempre in mano creasse una sorta di richiamo rendendo quasi obbligatorio un mio passaggio quotidiano al bar.

Le parole di Paolo Iabichino nella postfazione della seconda edizione del libro di Giuliana Laurita e Roberto Venturini “strategia digitale” relative appunto alla metafora dello straccio e del web 2.0 ti fanno comprendere come piccoli gesti analogici (o digitali), se fatti con il cuore, fanno prosperare le persone come i miei due amici baristi che dopo aver ascoltato questa storia vogliono leggere il libro e comprendere meglio come comunicare nel web. Le premesse sono quelle giuste, molto più forti di tanti altri colleghi baristi presenti su istagram, pinterest ed altro ma che non sanno nemmeno cosa un semplice ma potente colpo di straccio.

 di Paolo Iabichino

I miei genitori avevano un grande bar sulla circonvallazione di Milano.

All’angolo di una grande piazza, con tante vetrine, una posizione di grande passaggio,
per capire meglio, sarebbe come trovarsi ai primi posti di un motore di ricerca, senza fare grandi sforzi, ché si sale solo grazie al traffico.

Ecco, io ho cominciato a stare dietro il banco di quel bar che ero molto piccolo.
Poco più che un bambino e non era lavorare, mi divertivo io e si divertivano i clienti che chiedevano una Spuma e salivo sulle punte per raggiungere il bancone.

Mio padre non mi ha insegnato granché, ma mi diceva che dovevo passare e ripassare il banco
in continuazione con un colpo di straccio. Anche quando non serviva.
Non solo per pulire. O per togliere qualche briciola. Non per asciugare qualche goccia.

Un colpo di straccio era un segno di attenzione. Era salutare il cliente che decideva cosa ordinare.
Era non farsi trovare con le braccia incrociate.
Era dare la sensazione di muoversi e intanto accogliere l’altro che trovava il banco pulito.

Non andava di moda la trasparenza, Internet, il customer care e il marketing del sorriso.
Non avevamo paura di trip advisor e non si dovevano guadagnare recensioni on line.

Dovevamo solo servire il passante, o il cliente abituale.
E il nostro colpo di straccio sul banco era quasi un rito. Un tic. Una piccola ossessione.
Che ritrovo ancora in certi vecchi bar vicino alle stazioni ferroviarie.

Ecco, forse il colpo di straccio è quello che manca oggi alle nostre pubbliche relazioni che nell’euforia dell’Internet 2.0 perdono di vista il banco pulito. Il servizio. La qualità del prodotto. L’accoglienza.

Internet è come la circonvallazione. Se hai la fortuna di una bella posizione, devi saperla mantenere. Possiamo chiamarla brand reputation. Per me è solo il colpo di straccio.

Un piccolo gesto. Un tic. Un’ossessione.
Che deve contagiare tutti quelli che stanno dietro il bancone.
Che magari sono giovani e stanno sulle punte per servire quello che stanno imparando a fare.

A loro bisogna insegnare il colpo di straccio sul banco.
Per tenere in ordine. Per accogliere. Per salutare l’altro e predisporsi ad ascoltare quello che chiede.

Non è zen. Non è pnl. Non è new age.
Ma un gesto di attenzione assoluta. Che è quello che ti fa tornare in quel posto, ogni volta che ti ritroverai a passarci davanti.

Iabicus

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