Ho la fortuna di aver avuto un padre che amava la fotografia. Lo ringrazio adesso per quei momenti magici che ho vissuto 30 e più anni fa. Da bambino rimanevo ore ed ore avvolto nella luce rossa della cantina che era stata trasformata in laboratorio fotografico.

Amavo vedere il foglio bianco che pian piano si riempiva di toni grigi che lasciavano intravedere volti, paesaggi e tutto quello che era stato catturato dall’obbiettivo di una macchina fotografica. Era pura e semplice magia.

La stessa esperienza è stata vissuta nello stesso periodo ma in un’altra parte del mondo da un certo Thomas Knoll. Thomas, nel 1987, dovendo completare una tesi di laurea in programmazione, pensò di analizzare le immagini fotografiche che aveva tanto amato da bambino. Scrisse un software che si chiamava “display”, queste poche righe di codice generavano un grafico che restituiva in forma visiva la quantità numerica dei toni che andavano dal bianco al nero di una qualsiasi fotografia trasformata in forma digitale.

Quello che è successo dopo è storia, potete non conoscere il nome di Thomas Knoll ma è impossibile non conoscere Photoshop. Proprio così, il software grafico più famoso del mondo nasce dalla mente di un amante della fotografia su pellicola. Non poteva essere diversamente. Gli strumenti di ogni software nascono da strumenti tradizionali in quanto il digitale è generato da un qualcosa che esisteva prima dell’avvento dei computer, è semplicemente una trasposizione di procedure manuali utilizzando le nuove tecnologie digitali. Tramite queste considerazioni è logico supporre che chi conosce le tecniche tradizionali saprà utilizzare al meglio le stesse riportate in ambito digitale.

Questo è stato l’input che ha dato il titolo al seminario “Nuovo Photoshop CS”. Il Tradizionale guida il Digitale. Come Photoshop CS cresce con funzioni basate su tecniche comuni”, evento avvenuto durante il Visual Communication 2004

Il problema nel creare una presentazione su un software è quello di coniugare una miriade di fattori che devono incastrarsi perfettamente tra loro. Bisogna non dare tutto per scontato. Nella platea possono trovarsi spettatori che non hanno mai visto un software di fotoritocco. Bisogna non essere superficiali. Facendo vedere operazioni basilari, gli utenti esperti perdono subito interesse nell’esposizione degli argomenti. Bisogna non essere ripetitivi. Ogni secondo a disposizione è prezioso, più argomenti vengono analizzati più la platea sarà soddisfatta di aver partecipato al seminario. Bisogna essere coincisi, in 40 minuti deve essere aperto e chiuso un discorso completo. Non bisogna essere troppo tecnici ma neppure troppo praticoni, la cosa più importante è tenere acceso l’interesse di tutta la platea per tutta la durata del seminario.

Iniziò quindi la fase della ricerca. L’idea che Mi piaceva far vedere la costruzione di un idea partendo da zero. Ma cosa far vedere? Quale nozione mostrare?

Dopo una miriade di concetti scartati cominciò a prendere forma quello il fulcro del seminario, l’argomento comune che collega tutto, lo zenit dell’esposizione.

L’idea fu quindi quella di far vedere una serie di errori tipici dello stampatore digitale dovuti alla non conoscenza degli strumenti offerti dal software e alla non conoscenza delle tecniche tradizionali. Durante il seminario dovevano essere svelati i “trucchi” su come ottenere il lavoro al massimo della qualità con il minimo dispendio di tempo usando funzioni nuove e vecchie di Photoshop.

Dovete sapere che la signora Brigitte Hunt, della Reed Exposition, ente organizzatore della fiera Visual, adotta un metodo radicale verso tutti i relatori. Bisogna esporre il proprio pensiero a tutti gli altri relatori dei seminari di Visual Communication, durante una riunione che si svolge usualmente un mese prima dell’inizio dell’evento. Tutto il gruppo, dopo l’esposizione, darà critiche e commenti. Durante questo “esame” avevo portato con me un bellissimo proiettore dell’inizio ‘900 per mostrare alcune procedure classiche della fotografia tradizionale. Finita la mia relazione raccolgo alcuni consensi da parte dei tecnici presenti in sala ma ricevo una critica pesante da parte della signora Hunt.

Lei infatti conosce il suo pubblico, conosce i partecipanti della sua fiera e sa cosa vogliono. Misura quindi la fattibilità di una presentazione utilizzando questo metro frutto di un’esperienza unica.

Secondo il suo avviso, la mia illustrazione degli argomenti, non aveva ancora un filo logico ben definito ed inoltre le procedure erano state esposte con terminologie tecniche non gradite da tutti. Il proiettore era sì bellissimo ma distoglieva da quello che era il nostro scopo: dare una soluzione allo stampatore digitale e far vedere, toccando con mano, la soluzione.

Ringrazio ancora la signora Hunt per quella critica. Dopo quel fatidico momento il mio ego ha iniziato a cercare un riscatto. Non potevo infatti e non volevo perdere la fiducia di una persona che stimo da anni, a cui ho sempre dato il massimo. Ho focalizzato quindi il mio nuovo obbiettivo: sviluppare un seminario da tripudio totale! Nuove idee sono nate in me, ho visitato una miriade di siti, ho letto altri libri, altri manuali, atti di convegni, ma, prima di tutto, ho analizzato i discorsi che si sono sviluppati durante i corsi che tengo periodicamente nel Training Center di Roland dove, solo nel 2004 ho ricevuto circa 500 stampatori digitali.

Normalmente, con ognuno di loro, passo insieme circa 2 giorni di formazione. In questi due giorni vengono spiegate le caratteristiche delle macchine Roland, vengono dati consigli sulle calibrazioni per ottenere il miglior risultato in stampa, vengono analizzate le modalità di lavoro con diversi software, compreso il RIP dato in dotazione, non mancano di certo discorsi sulla generazione e gestione dei profili colore ICC. Stranamente, molti concetti interessanti nascono a corso concluso. Finita la prima giornata di corso si va a cena con tutto il gruppo e, tra un bicchiere di vino e una portata di pesce, iniziamo a parlare liberamente dei problemi della stampa digitale, senza inibizioni. Dall’analisi di questi discorsi arrivò l’idea. Era ormai tutto chiaro nella mia mente.

Torniamo al Visual.

Il nostro seminario inizia con una breve premessa del Sig. Mario Picchio, allora amministratore delegato di Roland DG. Picchio che imposta il discorso sull’evoluzione dei software, sempre più complessi e difficili. Durante il discorso, egli forza la mano parlando degli utenti che non leggono manuali e non partecipano a corsi di formazione e che, loro malgrado, producono lavori di qualità discutibile. Chiudendo il discorso, Picchio dice che la conoscenza è alla base di ogni attività redditizia e che nel breve tempo riservato durante il seminario, si cercherà di dare un po’ di cultura descrivendo le tecniche sulla manipolazione di immagini digitali per far crescere il nostro “Artigiano Tecnologico” Arriva il mio turno. Per entrare subito nell’argomento simulo una situazione tipica da stampatore digitale così riassunta: “il cliente arriva di corsa chiedendo un poster, porta un CD con dei file, un ritaglio di una foto strappato da una rivista, alcuni loghi, e “dulcis in fundo” vuole la stampa in poche ore se non subito!”

Fatta questa premessa il sig. Picchio fa vedere una stampa di un banner alla platea.

La stampa, a prima vista, è quella che nel gergo viene definita “passabile”. Non è il massimo ma non è neppure da buttare.

Nel frattempo, continuo il discorso… “il cliente ritorna da voi per un duplicato del banner che gli avevate stampato la settimana prima. Non vi trova. Ha una certa urgenza e va dal vostro concorrente limitrofo. Porta gli stessi file, gli stessi ritagli. Il vostro concorrente ha lo stesso vostro software, lo stesso vostro plotter e ci mette lo stesso tempo a produrre lo stesso banner. Il vostro concorrente chiede il doppio di quello che avevate chiesto voi e il cliente dopo aver pagato senza fiatare è pure arrabbiato per come lo avete trattato! 
Cosa è successo? Semplicemente il vostro concorrente, con gli stessi elementi in vostro possesso, ha prodotto una stampa di qualità decisamente superiore alla vostra. L’unica cosa diversa tra voi e il vostro concorrente è la conoscenza e la competenza sulla stampa digitale”.

Ho voluto accorpare nella stampa più brutta molti dei problemi tipici che capitano a chi fa questo lavoro.

  • Una foto ingrandita a dismisura, uno “stampone” (scansione da stampa offset)
  • foto JPG con alte compressioni
  • testo senza applicazione di effetti
  • foto sottoesposta
  • foto sovresposta
  • mancata applicazione dei profili
  • cattiva conoscenza del RIP. 

Una disgrazia totale!

Durante tutto il seminario venivano analizzati singolarmente gli elementi forniti dall’ipotetico cliente e veniva fatto vedere come con Photoshop CS e con un minimo di cultura sulle tecniche tradizionali, sia possibile superare i problemi che possono sorgere. Praticamente si è partiti da zero e si è composto assieme il banner da stampare correggendo e analizzando errori e dilemmi che colpiscono quotidianamente il nostro povero stampatore. In poco meno di mezz’ora il lavoro era finito, molti dubbi erano stati dissipati e spiegati, molti trucchi erano stati svelati, molti consigli erano stati elargiti. Tutta la platea aveva nel viso un’unica espressione di compiacimento. Chiudo il seminario con queste testuali parole: “per fare di più e per fare di meglio non serve avere un G5 o un Pentium con l’ultimo processore, non serve avere quantità industriali di RAM, non serve avere l’ultima versione di Photoshop, l’unica cosa che serve realmente, l’unica cosa che dovete fare è accendere il cervello….”.

Tripudio totale.

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