C’è qualcosa che va oltre la personalizzazione di prodotto, che esula dall’avere qualcosa di unico, qualcosa di emotivamente coinvolgente che va oltre l’avere un bene o servizio personalizzato. Si chiama economia dell’esperienza ma prima di comprenderla al meglio conviene capire come ci siamo arrivati.

Oggi stiamo vivendo il passaggio dalla produzione di massa alla personalizzazione di massa. Dall’avere un prodotto uniformato, standard all’avere un qualcosa di unico, estremamente personale. Il momento storico coincide con quella che viene definita la terza rivoluzione industriale

Dopo la prima rivoluzione industriale caratterizzata dall’uso di macchine azionate dal vapore che ci hanno consentito di creare macchine che producevano manufatti come stoffe e tessuti a costi contenuti, siamo passati alla seconda rivoluzione industriale, che tramite l’elettricità ha realizzato le linee di produzione per la produzione seriale di una marea di prodotti, comprese le automobili. La terza rivoluzione industriale, quella che stiamo vivendo in questo inizio di millennio coinvolge e interseca il mondo della manifattura, la produzione artigianale e il digitale. 

La terza rivoluzione industriale quella dove l’industria manifatturiera incontra il digitale ha modo di esistere solo se presenti tre elementi chiave descritti in maniera ineccepibile da Chris Anderson nel suo libro Makers. Il primo punto evidenzia che nella fase produttiva si faccia uso di strumenti digitali desktop, parliamo di piccole tecnologie flessibili, semplice da utilizzare, alla portata di qualsiasi tasca di una nostra piccola media impresa. Il secondo punto citato da Chris Anderson ci dice che il prodotto deve essere affiancato ad una community. Utilizzatori che adottano quel tipo di prodotto e iniziano e proseguono delle conversazioni online. Terzo ed ultimo punto identifica i file standard come elemento per poter accorciare le filiere di produzione e velocizzare i processi produttivi.
 

Da questo insieme di elementi otteniamo quello che in Roland abbiamo chiamato da più di 15 anni a questa parte artigiano tecnologico. colui che riesce a miscelare l’esperienza artigianale a un saper fare adottando le tecnologie digitali condividendo le esperienze. High-Tech high-touch, alta tecnologia ad alto tocco umano.
Qualsiasi prodotto standardizzato, dalla penna al capo di abbigliamento, nelle mani dei nostri artigiani tecnologici diventa un elemento unico, basato sulle personali richieste del committente e realizzato in tempi brevi con costi accettabili. Iniziano a nascere aziende che sviluppano la personalizzazione di massa su nicchie ben precise che raccolgono community di utenti pronti a parlare e diffondere il prodotto personalizzato che hanno acquistato. 



Oggi questo tipo di produzione, se non passa attraverso una esperienza, inizia a massificarsi e l’offerta, pur avendo un buon grado di bellezza estetica, inizia a perdere di valore.  Lo step successivo è quello di andare oltre il prodotto e pensare ad una economia basata sull’esperienza facendo leva sul servizio inscenando una esperienza memorabile. Bisogna agire creando una sorpresa inaspettata, un qualcosa che coinvolga emotivamente ed in prima persona il nostro amato cliente. 
 

Per farvi comprendere meglio questa nuova evoluzione preferisco raccontarvi la mia personale esperienza sviluppata durante un evento dove ero stato coinvolto come relatore per parlare dell’artigianato digitale nel comparto moda.
Nel mio intervento, oltre raccontare di alcuni casi di artigiani che realizzano personalizzazione di prodotto come scarpe, abbigliamento, accessori per la moda, volevo far toccare con mano questa nuova rivoluzione. Dare una esperienza diretta alla platea. Renderli partecipi e protagonisti della creazione di prodotto. Il tutto in meno di 10 minuti. 
 

Mentre racconto quanto avete già letto nella prima parte di questo articolo, una volta descritte le tecnologie abilitanti come plotter da taglio, stampa e taglio, incisori, modellatori e stampanti 3D, stampanti UV e tanti altri prodotti per realizzare personalizzazione su una miriade di materiali, faccio vedere alla platea una etichetta in pelle e subito dopo appare in proiezione un QR-Code. Chiedo a tutti se desiderano ricevere l’etichetta in pelle come gadget dell’evento con il loro nome. Hanno solo un minuto di tempo per poter inviare i dati. Mentre si collegano alla form che avevo creato con il servizio gratuito Google form, leggo ad alta voce i nomi. Il loro coinvolgimento è sempre più alto. Dichiaro che uscendo dall’auditorio ed entrando nell’area espositiva troveranno il loro gadget in fase di creazione. Simultaneamente un mio collega raccoglie i dati dal file condiviso ed usa la funzione di dato variabile per miscelare la grafica dell’evento con il nome del partecipante e prepara il piano di lavoro del plotter UV LEF-200 con le etichette in pelle. La platea esce dalla sala e osserva incantata il proprio nome diventare atomo d’inchiostro evolvendosi dal bit con il quale era nato. 
 
 
Secondo voi, lasciare un evento ritirando il gadget personalizzato o partecipare attivamente alla fase di ideazione ed osservare la fase di creazione del proprio personalissimo gadget, quale di queste due ipotesi lascerà un segno indelebile alla persona? 
Questo è quello al quale siamo chiamati a lavorare, usare il digitale per lasciare segni indelebili. La personalizzazione di massa e sopratutto la creazione di esperienze sarà il solo modo per accedere al loro cuore ed anche alle loro tasche. 

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